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La (Manu)Ela II

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Il primo giorno degli orali sono arrivato a scuola in anticipo. Mi sono acceso un sigaro e ho sostato un po’ davanti al cancello d'ingresso. Poi ho visto la Ela arrivare in macchina. Era sul lato passeggero. Stava guidando un uomo che aveva la cravatta. Doveva essere il marito. La cosa non mi è andata giù. Prima che lei scendesse dall'auto, ho buttato il sigaro a terra, l'ho pestato e sono entrato nell'edificio in fretta per non farmi vedere. Non avevo voglia di salutarli. Sono andato ai gabinetti. Mi sono seduto sul water e ho rimuginato per un po’. Prima di uscire mi sono masturbato e, dopo l'orgasmo, ho tirato lo sciacquone. Quando sono entrato in aula, mi sono reso conto che l’esame era iniziato da cinque minuti. Il Presidente di Commissione mi stava guardando. -Scusate il ritardo, ma sono stato poco bene- ho detto, evitando di guardare la Ela negli occhi. Mi sono seduto e gli esami sono proseguiti. Durante la mattinata le ho mostrato indifferenza e ho fatto in modo di mettere in difficoltà i ragazzi durante il colloquio. La Ela ha cercato un paio di volte di bloccarmi. Si è messa in mezzo al discorso fissandomi ma io, entrambe le volte, mi sono sovrapposto alla sua voce. Le parlavo guardando di lato. Poi, alla fine dei colloqui, mi si è scagliata contro perché avevo messo in agitazione i ragazzi e mi ero rivolto a lei come a un'alunna. Il collega di inglese ha aggiunto che avevo esagerato. Gli ho risposto che non riuscivo a seguire i loro discorsi perché avevo la vescica piena e dovevo scappare in bagno. Il Presidente ha fatto finta di non sentire. Sono tornato ai cessi. Mentre urinavo, il water mi sembrava una bocca aperta che faceva i gargarismi. Sono rientrato in aula e il prof. d'inglese ha proposto a me e alla Ela di andare al bar con lui per la pausa pranzo. Abbiamo mangiato un panino e bevuto una birra a testa. La guardavo di sfuggita mentre mangiava e sorseggiava. Avrei voluto farmi imboccare la poltiglia che stava masticando. Siamo rientrati a scuola. Io e la Ela, prima di andare via, abbiamo detto al Presidente che saremmo andati nell'auletta delle riunioni a controllare la documentazione dei candidati per vedere se era tutto a posto. Il capo ci ha risposto che doveva andare via e che avrebbe lasciato le chiavi dell'auletta e dell'armadio dei documenti a lei, che era la vicepresidente della sottocommissione. Poi si è levato di mezzo e noi due siamo andati nell'aula. Eravamo di nuovo soli. Indossava un paio di jeans che le stavano stretti sul culo e una camicetta che era aperta fino al secondo bottone. Aveva le scarpe da ginnastica senza calzini. L'odore che emanava dalle running mi ha incasinato il cervello. Fissavo le sue caviglie. Nel pomeriggio sarebbe tornata a casa e avrebbe sfilato via dalle scarpe quei piedi raggrinziti per il sudore. Se lo avesse fatto davanti al marito, questi sarebbe rimasto indifferente alla scena. Ho aperto l'armadio, ho preso la cartella e l’ho appoggiata sul banco. Lei mi si è seduta accanto a una distanza di cinque centimetri, ha aperto il faldone e si è messa a sfogliarne le carte. Le guardavo le mani. Avevano le dita affusolate. Le unghie non erano smaltate né molto lunghe. La peluria sull’avambraccio spiccava sopra la pelle che non era abbronzata. Volevo accarezzargliela. Ho provato a sfiorarla con la scusa di prendere una penna che era davanti a lei sul banco. Ho notato che le è venuta la pelle d'oca e che mi stava guardando con la coda dell'occhio. -Con questo, abbiamo finito- mi ha detto. -Possiamo chiudere, allora- ho risposto, senza sapere quello che stessi dicendo. Ci siamo alzati, abbiamo riposto il materiale e siamo usciti al parcheggio. Lì la Ela ha preso il telefonino e ha chiamato qualcuno. Stavo per dirle se volesse un passaggio ma, prima che aprissi bocca, è arrivato il marito in macchina. Per evitare di salutarlo ho detto ciao a lei e poi sono filato dritto verso la mia auto prima che lui si fermasse. L'ho aperta e sono salito. Ho chinato il capo, ho girato la chiave e ho guardato verso di loro. Ho visto la Ela entrare in macchina, che era parcheggiata a cinque/sei metri di distanza. Ha chiuso lo sportello, ha abbassato il finestrino e mi ha guardato di traverso. Il tipo ha messo in moto. L’automobile ha accelerato in prima fino al cancello del cortile che dava sulla Provinciale, poi ha rallentato, ha svoltato a destra ed è sparita dietro la siepe [...].

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